- Inaugurazione della mostra "Segrete Affinità" di Alessandro Niccolai, Museo Marino Marini, Pistoia.
Articolo di . . . Alessandro Niccolai
Per qualche minuto ho pensato di provare a scrivere seriosamente introducendo questo mio progetto intitolato “Segrete Affinità” e incentrato sul Viaggio, in particolare sulla mia esperienza di vita e lavoro in Giappone che tanto fondamentale si è rivelata nella mia formazione personale (e che presento articolato in tre raccolte di immagini, una delle quali realizzata a Fukushima, poiché sono tre soprattutto i soggiorni in terra nipponica che hanno segnato dei cambiamenti sostanziali nel mio modo di rapportarmi col concetto stesso di viaggio) ...per qualche minuto, dicevo... e poi, niente, ho capito di non poter spiegare in modo soddisfacente ciò che dovrebbe essere osservato e “sentito” in prima persona. Ciò che posso riportare sono le sensazioni che provo io, adesso, sfruttando l’opportunità di aggirarmi anonimo tra le opere ed i visitatori.
E’ come presentarsi a tavola, una tavola che io stesso ho imbandito. Dall’antipasto al caffé non manca niente. Ha richiesto tempo ed introspezione. Ho fatto quel che ho potuto e come ho potuto. Oggi sono qui come semplice commensale a cogliere impressioni.
L’arte mi influenza di continuo . . vedendo mostre e conoscendo nuovi artisti io incamero naturalmente le più diverse informazioni che in un secondo momento sembrano quasi venir dimenticate e che invece tornano ancora a mostrarsi durante il processo creativo come tutte le cose della nostra vita.
Se poi una particolare mostra risulta essere troppo astrusa o vanagloriosamente architettata, io, che amo valutare i lavori per quel che sono, posso sempre svignarmela in tutta fretta a casa mia a leggermi un buon libro.
Visitare un’esibizione delle proprie opere è tutta un’altra storia. Non interpreto, non sento... solo, ricordo. Sono curioso di capire se quello che ho fatto è comprensibile o troppo denso e impenetrabile per gli osservatori. In ogni caso, e comunque, non tenterei di persuaderli. Io faccio semplicemente quello che sento di dover fare durante il periodo di creazione del progetto. Certamente il mio desiderio è quello di comunicare e non di alienare, ma non potrei rincorrere i gusti di una qualche particolare tipologia di visitatore.
Tornando a “Segrete Affinità” ed a questo giorno che fuori stenta ancora ad affondarsi e lo fa con quella lentezza tipica delle giornate d’estate... io me ne giro in tondo guardando i riflessi delle luci sui vetri delle cornici e riconquisto passo dopo passo la compagnia di me stesso. E’ così che, forte della mia ritrovata presenza, mi soffermo su una fotografia, un’eruzione di luce su nera terra, un fantasma che si allunga e si scaglia sui palazzi cogliendoli alle spalle. Compio pochi passi e vedo nuvole che mi franano addosso dal cielo dell’anima, quasi esse stesse sorprese di quanta sia la forza emotiva di cui sono guardiane e padrone.
Mi allontano da quel paese di riflessi lungo un viale che porta ad una città che si dimostra subito più colorata, composta di frammenti quasi immutabili, di creazioni naturali. Qui i ricordi sembrano più vivi, i colori ancora umidi. Al mio passaggio le foglie sembrano ancora tremare sul loro doppio acqueo e mi pare di poter udire il suono del vento tra la ragnatela di rami sulla quale fermai sguardo e obiettivo all’incerta luce di un crepuscolo d'oriente.
Mi limito ad ascoltare... ascoltare le parole del pubblico. “Hai visto gli occhi di questo bimbo?”, “Che bel controluce!”, “Questo Niccolai è un visionario!”, “Ma questa non è fotografia! Nessun dettaglio, il bianco è bruciato ed il nero è assoluto.”, “Delicata questa immagine!”, “Preferisco forse i titoli alle opere. Sono piuttosto profondi!”, “Io non me ne intendo, ma fotografare due scarpe è arte?”, “Vedi qui? Non avevo notato questo particolare poco fa!”, “Ma qui si vitupera la regola, la norma, il classico. Dovrebbe tornare a studiarla la fotografia e rispettare la forma ed il passato.”, “L’hai sentito quello? Che per creare si deve chiedere il permesso a qualche sepolto luminare del settore? Ma che lasci stare i preconcetti e i morti li lasci riposare!”, “Secondo te anche questa è analogica ? O è digitale?”
Ciò che più mi incuriosisce è ascoltare quelli venuti per dar saggio delle loro conoscenze e capacità critiche, ed allora provo ad immaginarmeli alle prese con il racconto di una cena che di certo non potrebbe essere stata, nel loro resoconto, a base di pesce e piselli bensì di.. proteine nobili e fibre.
Usano parole incomprensibili e danno alle mie foto significati bizzarri che io stesso non capisco... e pur mi tirano in mezzo!
Qualche volta invece un sorriso si disegna sul mio viso. Un gran bel sorriso. Parlo di quando ho l’impressione, forse errata chissà, che in qualcuno una mia fotografia stia suscitando un sussulto poetico, l’impressione di una storia, la sensazione di un vissuto e che là, su di un particolare che neppure io avevo notato, la visione si fermi a interpretare una realtà sulla spinta di qualcosa che niente ha a che spartire con l’intelligenza e la logica.
Ora vedo davanti a me una linea di teste interrogative, e dietro altre linee che si inseguono e si addentrano l’una nell’altra per arrivare a nuovi interrogativi che si presentano e si indovinano sempre più in là, quasi non avessero fine. Sopra si sparpaglia il soffitto che ai lati punta verso il basso racchiudendo tutto questo gran pensare.
Dietro una testa se ne staglia un’altra, che è un po’ spelacchiata. Una si sposta al mio passaggio e si avvicina ad un’immagine per leggerne i dettagli. Il flusso degli osservatori si concentra su alcune immagini più che su altre ma sembra comunque spartirsi gli spazi con buon senso e dimostrando le proprie personali inclinazioni.
“Siore e siori, prego, da questo lato alcune opere di grande finezza e". . e per un momento ho la tentazione di cominciare così ad affliggere i visitatori, con la solita erudizione recitata con quella voce istruttiva da guida che spesso scivola inutile sulle distratte fantasie della gente.
Invece taccio.
Mi piace il silenzio dei musei. E’ un silenzio di brusii. Ogni tanto qualcuno venuto in compagnia lancia un’esclamazione, che risuona come un’ urlo in una immobile domenica di cicale.
14/06/2013 Alessandro Niccolai