Intervista con T. Kimura,  in inglese + traduzione,  Ottobre 2016

 

 

 

 

T.Kimura.  Your job is making you travel a lot. Does the connection between photography and travel remain today?

 

A.Niccolai.  Generally i think of travelling in terms of a period of stay, not moving around...in terms of a period spent sleeping at night in a room not my own.

I've never associated travelling with a journey, but rather observing from a standstill.

 

T.K.  What interests you most in photography?

 

A.N.  Generally in my life i'm interested in nature because it charms me and i just want to listen to every story nature can tell me. That's the reason for which i try to deep the link between nature and me.

So that is interesting in photography too, for the same reason..in order to strengthen and align my mind with the natural elements of our world. I don't think of my photos like part of the environmental debate. I am not interested in the rhetoric of the more militant. 

 

T.K.  Is there a place...a nation..that you think is the ideal place to create art and grew up?

 

A.N.  I think that art can potentially be created anywhere. Difficulty fires the creative juices. The outpouring can be cathartic. There are certainly some places that are better than others when it comes to grewing up or raising children. Several nations are capable of supplying most of requirements like for example clean water, good food, nurturing environment, good education most of the time but the context in which they are provided often concerns me. The culture is economically driven. The bottom line is the banknote rather than human values. In the long term this is likely to be the undoing of a country.

 

T.K.  How do you approach the work? 

 

A.N.  First of all i need isolating myself to such a point where every kind of pressure won't come into play when i am working so i can work  with freedom of mind and focus.

The i can say i am very much aware that what i do come though me and not from me...what i do is giving the work a form and dress it up in my own personal experience.

Every piece of work (a music, a photographic project, a painting) has an inner life and that goes beyond the creator's understanding.

But i believe that, at the essence of the work, there is something much deeper...something in which one should desire to delve. 

 

T.K.  And how should a viewer approach your work? 

 

A.N.  Generally i think that one should come to a work and open up to it, so the work can become relevant to her/his life in some way, but that person should pay attention to the peripheral information generated in order to really grasp the meaning embedded in it...a meaning that is not an absolute meaning but is just the way i respond to an emotional content...so a work, to be true, should reflect the whole complexity of emotions that it can embrace. Sometimes it happens that the viewer and i share a common vocabulary, a common sensitivity, and that allows her/him to quickly establish a good context to express feelings or look inward.

 

T.K.  Have you been able to discern patterns that recur in your works of photography?

 

A.N.  After all these years i could say that i have learnt the routines that I can follow when I do something and..yes..there are patterns that I can rely upon in the meantime. It’s something I had to discover at the beginning, and now it’s something I am able to use. 

 

T.K.  What defines a photographic style? The way you light? The subject? 

 

A.N.  Honestly I don’ have any stylist concept to talk about..at all. I've never spent time to think about it. These are certain feelings or atmospheres that just seem to come periodically and guide me. But it’s not just using instinct...it’s not easy to explain...it’s an emotional approach but it's a very lucid kind of working.

I think every photographer finds his own grammar and i could call it style or certain vision. It is coming back to me all the time and I am not afraid of repeating myself anymore I must say, because I realise that this is what I do, how i do things and this is what comes to me. What I like to do, this approach that I've found, this style or personal vision or whatever it is, I want to feel it more sincere, more natural. I want to take it to another level, this is the challenge!

 

T.K.  How conscious are you of maintaining your own distinctive approach to creating something new or different?

 

A.N.  I am always looking for the right balance between staying simple and exploring new options..but, as i told you, it depends on the way my personal experience ends up coming into play.

I don't care that much about concepts like distinctive style or originality...i like photography where you can really search for something within the image, where there is something buried within something else completely different. I don’t like things that are too clear and too easy to find. It’s always interesting and challenging to hide...for me. How to hide and how much to hide and how much to show ... all these processes also keep me interested in the photography.

 

 

 

 

Traduzione italiana dell'intervista:

 

 

T. Kimura. Il tuo lavoro ti fa viaggiare molto. Il legame tra fotografia e viaggio rimane ancora oggi?

 

A. Niccolai. Generalmente penso al viaggio come ad un periodo di permanenza, non semplicemente ad uno spostamento... come ad un periodo passato dormendo la notte in una stanza non mia.

Non ho mai associato il viaggio al viaggio, ma piuttosto all'osservazione da fermo.

 

T.K. Cosa ti interessa di più della fotografia?

 

A.N. Generalmente, nella mia vita, sono interessato alla natura perché mi affascina e voglio ascoltare ogni singola storia che la Natura può raccontarmi. Questo è il motivo per cui cerco di approfondire il legame tra me e la Natura.

Ed è ciò che mi interessa anche in fotografia... per lo stesso motivo... ossia per rafforzare ed allineare la mia mente con gli elementi naturali del nostro mondo. Non penso alle mie foto come parte del dibattito ambientale. Non mi interessa la retorica dei più militanti.

 

T.K. C'è un posto...una nazione...che pensi sia il luogo ideale per creare arte e crescere?

 

A.N. Penso che l'arte possa potenzialmente essere creata ovunque. Le difficoltà, anzi, possono stimolare la creatività. L'esprimersi può essere catartica. Ci sono sicuramente alcuni posti migliori di altri quando si tratta di crescere o crescere dei figli. Diverse nazioni sono in grado di garantire la maggior parte delle necessità, come ad esempio acqua pulita, del buon cibo, una buona educazione... ma è il contesto in cui esse vengono soddisfatte che spesso mi fa riflettere. La cultura è guidata dall'economia. La linea di fondo è la banconota piuttosto che i valori umani. A lungo termine tutto ciò potrebbe provocare la rovina di un paese.

 

T.K. Come ti approcci al lavoro?

 

A.N. Prima di tutto ho bisogno di isolarmi a un punto tale da far sì che nessun tipo di pressione possa entrare in gioco quando lavoro, così posso lavorare con libertà mentale e concentrazione.

Posso dire di essere molto consapevole che quello che faccio viene attraverso di me e non da me... ciò che io faccio è dare una forma al lavoro e vestirlo della mia esperienza personale.

Ogni opera (una musica, un progetto fotografico, un dipinto) ha una vita interiore che va oltre la comprensione del creatore.

Ma credo che, nell'essenza dell'opera, ci sia qualcosa di molto più profondo... qualcosa che ognuno dovrebbe voler approfondire.

 

T.K. E come dovrebbe uno spettatore avvicinarsi al tuo lavoro?

 

A.N. Generalmente penso che una persona dovrebbe avvicinarsi ad un'opera e cercare di aprirsi ad essa, in modo che l'opera possa in qualche modo diventare rilevante per la propria vita, ma quella stessa persona dovrebbe prestare attenzione alle informazioni periferiche generate per cogliere davvero il significato racchiuso in essa... un significato che non è assoluto ma è solo un modo in cui si può rispondere ad un contenuto emotivo... quindi un'opera, per essere vera, dovrebbe riflettere tutta la complessità delle emozioni che può abbracciare. A volte capita che io e l'osservatore condividiamo un vocabolario comune, una sensibilità comune, e questo gli permette di stabilire rapidamente un buon contesto per esprimere sentimenti o guardarsi dentro.

 

T.K Sei stato in grado di discernere gli schemi che ricorrono nei tuoi lavori fotografici?

 

A.N. Dopo tutti questi anni potrei dire di aver imparato le "routine" che posso seguire quando faccio qualcosa e.. sì ..ci sono "schemi" su cui posso fare affidamento mentre mi adatto al nuovo ambiente ed alle nuove condizioni. È un qualcosa che ho dovuto sviluppare all'inizio, e che ora posso usare.

 

T.K. Cosa definisce uno stile fotografico? Il modo in cui usi la luce? Il soggetto?

 

A.N. Onestamente non ho proprio alcun concetto stilistico di cui parlare. Non ho mai perso tempo a pensarci. Ci sono sensazioni o atmosfere che sembrano manifestarsi periodicamente e che mi guidano. Ma non si tratta solo di usare l'istinto... non è facile da spiegare... è un approccio emotivo ma, al tempo stesso, è un modo di lavorare molto lucido.

Penso che ogni fotografo trovi la propria grammatica, o potrei chiamarla visione. E' ciò che mi torna sempre alla mente e che mi rende consapevole di quello che faccio, di come lo faccio. Quello che mi piace fare, questo approccio che ho trovato, quello che tu hai chiamato stile o che io chiamo visione personale, o qualunque cosa sia, è ciò che voglio sentire in modo sempre più sincero, più naturale. Voglio portarlo ad un altro livello, questa è la sfida.

 

T.K. Quanto sei consapevole di come mantieni il tuo approccio distintivo alla creazione di qualcosa di nuovo o diverso?

 

A.N. Cerco sempre il giusto equilibrio tra semplicità ed esplorazione di nuove opzioni... ma, come ti ho detto, dipende da come la mia esperienza personale entra in gioco.

Non mi interessano molto concetti come lo stile distintivo o l'originalità... mi piace la fotografia dove si può davvero cercare qualcosa all'interno dell'immagine, dove c'è qualcosa che si trova nascosta dentro ad un involucro che è totalmente diverso. Non mi piacciono le cose troppo chiare e troppo facili da trovare. A mio avviso, è sempre interessante e stimolante nascondere. E proprio aspetti quali il come nascondere, il quanto nascondere e il quanto mostrare... rivestono un ruolo importante nel contribuire a tener vivo il mio interesse per la fotografia.

 




 

 

 

"Secret Affinities"

A journey between

nameless fascination

and mysterious

correspondences

 

 

  

 

Works exhibited in: 

 

  • 2020 Nagoya
  • 2018 Barberino di Mugello
  • 2018 Pistoia
  • 2018 La Spezia
  • 2016 La Spezia
  • 2016 Carmignano
  • 2016 Dolcè (VR)
  • 2016 Lastra a Signa
  • 2015 Prato
  • 2015 Rovereto
  • 2015 Viareggio
  • 2015 Florence
  • 2015 Paris
  • 2015 Florence
  • 2014 Marina di Pietrasanta
  • 2014 Pistoia
  • 2014 Empoli
  • 2014 Florence
  • 2013 Pistoia
  • 2012 Tokyo
  • 2012 Osaka

   


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