In una recente intervista per una rivista coreana, a seguito di un mio lavoro a Seoul, mi è stato chiesto di fare qualche nome di musicisti che hanno influenzato me, e quindi in qualche modo anche la mia visione, e di citare alcune delle canzoni che degli stessi io preferisco.
Ho fatto alla fine le miei nomi.....dopo aver premesso, però, che tali selezioni, soprattutto se richieste così a bruciapelo, avrebbero dovute essere prese per quello che sono, ossia solo un divertente tentativo di far emergere delle connessioni sulla base di come ci si sente e di cosa si pensa in un determinato momento, e consapevoli del fatto che non è mai una scelta tra un artista ed un altro, ma sempre la scelta di se stessi, delle proprie necessità e affinità.
Un musicista che ho citato è David Bowie.
Quelle che ho indicato sul momento come le sue migliori canzoni, o almeno le mie preferite. Sono in ordine di uscita:
Lo stesso Bowie spiegò una volta in un'intervista che nonostante in Inghilterra, la gente pensava che avesse scritto il pezzo pensando all'atterraggio sulla luna ma in realtà era stato ispirato dalla visione del film 2001 Odissea nello spazio, che Bowie trovò incredibile.....rappresentò davvero una rivelazione per lui. La canzone fu scelta dalla tv inglese BBC, e utilizzata come musica di sottofondo per l'atterraggio. Certamente chi lo scelse non aveva ascoltato con attenzione il testo!
Fu originariamente pubblicato nel 1969 sull' omonimo album di Bowie, che era disponibile solo nel Regno Unito e in concomitanza con lo sbarco sulla Luna. Il singolo arrivò al #5 nel Regno Unito, diventando il suo primo successo discografico. Nel 1972, l'album è stato re-intitolato Space Oddity e pubblicato negli Stati Uniti per la prima volta dopo che Bowie aveva ottenuto un certo successo in America con i singoli "Changes" (# 66) e "The Jean Genie" (# 71). Space Oddity" arrivò alla #15, diventando il primo singolo di Bowie nei Top 40 US.
Una canzone poco conosciuta, ma probabilmente una delle migliori composizioni della sua produzione. Tratta dall'album Hunky Dory del 1971.
E' un lavoro importante, che doveva essere scritto e che certifica la fine di un capitolo e ne inaugura un altro.
Bowie a questo punto cruciale della sua carriera si trova a dover scegliere tra l'appartenenza e l'impegno verso quella sfera underground in cui era cresciuto artisticamente
e l'incontro con la scena americana, e con il successo, il benessere e la possibilità di comunicare con una più ampia fetta di pubblico.
Questa canzone riesce ad essere sia toccante e che d'avanguardia allo stesso tempo, e con i suoi echi da cabaret berlinese di inizio '900 sembra ben prefigurare proprio il soggiorno di Bowie in quella città più tardi nel corso di quegli anni Settanta.
"Time" rievoca anche una certa teatralità di Rise and fall of Ziggy Stardust ..... in qualche modo.
Un'altra composizione davvero interessante.
Adoro TVC15. La novità del rhythm 'n' blues basato sul pianoforte è incredibile!
David Bowie è davvero intrigante qui e si devierte a giocare con certa dance music retrò e confezionando un'mix di elementi prog-rock e di sperimentazioni dance.
Più lo ascolto negli anni e più mi piace.
Always Crashing In The Same Car è una ballata lounge che ci mostra la differenza tra la vera anima di Bowie e l'anima rielaboratrice di Eno. In generale nell'album Low rimane ben poco del pathos sentimentale tipico del Bowie precedente, che è sostituito da un più freddo, quasi robotico languore. In questa traccia però i suoni elettronici non diventano la vera e "sola" voce (come in altri brani dell'album); il "suono" non prevale sulla melodia; la composizione non diviene un completa astrazione.
Blackout è piena di una scura esaltante schizofrenia sonora.
C'è un clima di disorientamento, di frammentazione, di panico.
Blackout è la botta finale che trasforma il primo lato del disco "Heroes" da molto buono a veramente grande. Nel corso di uno sfondo urlante, martellante Bowie urla "Get me off the streets" e di un racconto disarticolato di influenze giapponesi e città in fuga. I cori beffardi aggiungono un'atmosfera da incubo, mentre sullo sfondo si lamenta una finta armonica.
Blackout è, oltre ad essere una grande canzone, la voce di Bowie che si apre e ammette di essere stato fuori controllo e di essere stato incapace di salvare se stesso.
Questo è un pezzo di storia del rock.
In primo piano in questa canzone non sono solo il sintetizzatore di Brian Eno e la chitarra di Robert Fripp, ma anche il produttore Tony Visconti battere su un posacenere di metallo che si trovava in giro per lo studio.
Ritengo che sia una bella canzone, ma è al tempo stesso incredibilmente malinconica. Possiamo essere eroi, ma in realtà sappiamo che qualcosa manca, che qualcosa è andato perduto.
Nonostante la sua brillantezza, "DJ" è una delle gemme perdute nel catalogo di Bowie.
La chitarra di Adrian Belew cattura l'attenzione, grazie ad un assolo costruito da tutta una serie di differenti takes, poi messi insieme per rendere l'effetto provovato da una manopola della radio girata da una stazione ad un'altra.
Il testo è uno dei più diretti ed immediati di Bowie; la performance vocale una delle sue più istrioniche.
Nel 1980, Bowie pubblicò una canzone intitolata "Ashes To Ashes", che costituiva una sorta di seguito di Space Oddity, nella quale il maggiore Tom riprende i contatti con la Terra, ma informa la base di essere felice nello spazio.
In un'intervista del 2003 Bowie spiega che la canzone "Inchworm", che era stata cantata da Danny Kaye nel film del 1952 di Hans Christian Andersen, ebbe una grande influenza su "Ashes To Ashes". Bowie disse: "Ho adorato quella canzone e ad oggi continuo ad apprezzarla ed ascoltarla. Ashes to Ashes non esisterebbe se non fosse stato per 'Inchworm.' C'è un elemento da filastrocca da asilo in essa, e c'è qualcosa di così triste e dolente e commovente. Continuava a riportarmi alle sensazioni di quei pensieri puri di tristezza che si hanno da bambini, ed a come siano così identificabili anche quando si diventa adulti. C'è una connessione esistente tra tra l'essere un bambino di cinque anni che si sente un po' abbandonato e l'avere la stessa sensazione quando si è nei nostri vent'anni, e fu proprio quella canzone a farmela notare."
La traccia è un pugno nello stomaco; è fredda e bizzarra, rappresenta il suo tentativo più audace di reinventarsi almeno dal periodo Tin Machine. Ci presenta un nuovo Bowie, o al limite il ritorno di un vecchio Bowie:oscurantista, distante, minaccioso, "clinicamente" ossessionato da sangue e budella.
Penso che ci sia una traccia dell'orientamento gnostico di Bowie in questo pezzo, nel suo ritenere il corpo una prigione nella quale concediamo grandiosità al nostro aguzzino, rendendolo un dio felice con i nostri pianti.